Tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva

Sviluppo della neurostimolazione

I progressi delle neuroscienze cognitive sono legati all’affermarsi delle tecniche di neurostimolazione. L’applicazione di correnti elettriche al cervello umano ha una storia molto lunga che affonda le radici nella medicina antica. I primi dispositivi utilizzati per la stimolazione cerebrale furono i pesci elettrofori (i cosiddetti “pesci elettrici”), utilizzati sia per la riduzione del dolore che per la cura di patologie come l’epilessia. Ci sono voluti diversi secoli per scoprire che il potere di questi strani pesci risiede nell’elettricità e, nel 1791 Galvani, con i suoi studi, stabilì che ciò che viene propagato dai nervi è elettricità. Nel 1823 Alessandro Volta osservò che stimoli elettrici di diversa intensità inducono effetti fisiologici diversi. I lavori di questi due scienziati furono fondamentali allo sviluppo e all’applicazione, in ambito clinico, dell’elettricità. In particolare, le correnti galvaniche di lì a poco furono introdotte per il trattamento dei disordini mentali.

A seguito di un periodo di quasi abbandono della stimolazione elettrica in ambito clinico, nel 1938 fu scoperta la terapia elettroconvulsionante per il trattamento dei disordini psichiatrici. Tuttavia, l’idea di trattare le malattie psichiatriche con terapie convulsive non era nuova ma risaliva al 1934, anni in cui la convulsione fu indotta prima tramite iniezione intramuscolare di canfora e successivamente di pentilenetetrazolo.

Tuttavia, la terapia elettroconvulsionante, a differenza di tali metodiche, rappresentava un’alternativa migliore e più evoluta considerando le crisi forti, lunghe e poco controllabili indotte dalle tecniche precedenti. Negli anni venne utilizzata molto nel trattamento della depressione maggiore e del disturbo bipolare e fu sottoposta a ripetuti perfezionamenti, ma, nonostante ciò, ci fu un graduale abbandono dovuto alla scoperta e all’utilizzo di farmaci antipsicotici e antidepressivi ma anche ad un rifiuto culturale nei confronti di un utilizzo esagerato ed indiscriminato di tale terapia, connesso a motivi etici legati agli effetti collaterali ad essa associati.

Ancora ai nostri giorni una forma più evoluta di terapia elettroconvulsionante viene impiegata nelle forme gravi di alcune patologie, come la depressione acuta, in cui altri tipi di trattamento non sembrano risolutivi e in cui la condizione rappresenta un forte fattore di rischio per la vita del soggetto. In generale, le metodiche di stimolazione cerebrale, offrono la possibilità di intervenire sulla funzionalità e plasticità del sistema nervoso per fini conoscitivi, diagnostici e riabilitativi.

Tuttavia, negli anni, accanto alle metodologie di stimolazione invasive si sono sviluppate tecniche di stimolazione cerebrale non invasiva. Il meccanismo d’intervento prevede l’applicazione di leggere correnti elettriche che vadano ad interferire con la normale attività elettrica del cervello. La stimolazione può essere trasmessa direttamente mediante l’uso di elettrodi o tramite induzione, a seconda della tecnica utilizzata (Sacco, 2020). Un esempio di tecnica che si basa sull’induzione elettromagnetica è la stimolazione magnetica transcranica (TMS): essa si basa sul rapido cambiamento dei campi magnetici per indurre un breve impulso di corrente elettrica a livello corticale, che a sua volta genera potenziali d’azione con una profondità fino a cinque centimetri (Rothwell, 1997).

Per quanto riguarda, invece, le stimolazioni elettriche, esempi sono la stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS) o alternata (tACS), le quali si basano sul passaggio di una debole corrente elettrica tra due elettrodi che vengono posti sul cuoio capelluto (Paulus, 2011). Le tecniche di stimolazione cerebrale sono un’alternativa “non farmaceutica”, che si focalizza sui meccanismi elettrici del cervello (da cui dipendono anche i suoi eventi chimici), utile anche in caso di patologie farmaco-resistenti, che non lascia “residui” al contrario di alcuni farmaci e non innesca meccanismi di dipendenza e/o abuso. L’efficacia e gli eventi avversi dipendono principalmente dalla risposta adattiva del cervello alla stimolazione elettrica.

Le tecniche moderne garantiscono procedure tollerabili e applicabili anche per periodi di tempo più estesi, grazie anche all’utilizzo di dispositivi sempre più ergonomici. I vari tipi di stimolazione possono poi essere integrati e combinati con diverse forme di addestramenti, sia cognitivi che fisici, con l’obiettivo di potenziare gli effetti della stimolazione stessa.

A cura della Dott.ssa Basilicata Francesca

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