In condizioni normali, i cervelli degli esseri umani ricevono dall’ambiente e dall’interno del loro corpo moltissime informazioni. Poichè solo alcune sono utili per lo scopo che stiamo perseguendo, è necessario un meccanismo che selezioni le informazioni in quel momento rilevanti e scarti le informazioni in quel momento irrilevanti (e potenzialmente nocive, perché causa di disturbo): quel meccanismo esiste e si chiama attenzione. Dobbiamo però differenziare diversi tipi di attenzione: 

 

  • L’attenzione spaziale: 

 

un essere umano può selezionare una posizione nello spazio orientandovi l’attenzione. Normalmente, l’orientamento dell’attenzione è accompagnato dalla rotazione degli occhi e del capo. Ciò crea un problema per lo studio dell’attenzione spaziale. Infatti, la rotazione degli occhi fa sì che, sulla posizione selezionata, sia allineata, non solo l’attenzione, ma anche la fovea, che è la porzione con maggiore acuità visiva della retina. Il primo problema da risolvere nello studio dell’attenzione spaziale è, dunque, quello di separare la direzione dell’attenzione dalla direzione dello sguardo. Tutti noi abbiamo avuto esperienza del guardare «con la coda dell’occhio», cioè del mantenere lo sguardo su una posizione nello spazio e del prestare attenzione a ciò che accade da qualche altra parte. Chi ci osserva può essere tratto in inganno perché assume che sguardo e attenzione siano allineati. Infatti, in alcuni sport, la tendenza ad assumere che sguardo e attenzione siano allineati è sfruttata per trarre in inganno l’avversario. 

 

  • L’attenzione selettiva: 

 

la selezione degli stimoli si basa su caratteristiche non spaziali. Le singole caratteristiche di un oggetto (forma, colore e/o dimensione) sono processate senza la mediazione dell’attenzione, dunque in modo preattentivo e in parallelo. Per combinare invece le caratteristiche è necessaria l’attenzione focalizzata, in questo caso la combinazione delle informazioni avviene in serie. 

 

L’attenzione può fallire in condizioni normali, e quando ciò accade, viene a mancare la rappresentazione cosciente di una porzione della realtà esterna. La mancanza della rappresentazione di una parte della realtà esterna è molto esagerata nei pazienti affetti da una sindrome, l’eminegligenza spaziale unilaterale o, per brevità, «neglect», che è caratterizzata da un deficit di attenzione (spaziale), a causa del quale la metà (in genere la metà sinistra) della realtà (visiva, acustica, tattile) non viene rappresentata a livello cosciente. La causa del neglect è di solito una lesione del lobulo parietale inferiore, un’area della corteccia che presiede all’orientamento dell’attenzione nello spazio. Poiché non possono orientare l’attenzione verso lo spazio di sinistra, la rappresentazione della parte sinistra dello spazio non raggiunge il livello della coscienza. I pazienti affetti da neglect presentano deficit immaginativi oltre che percettivi. 

 

L’attenzione non è necessaria per il processamento dell’informazione, ma è necessaria perchè le rappresentazioni diventino coscienti. 

 

La selezione permette di separare ciò che è rilevante per svolgere l’azione in corso da ciò che non è rilevante. Selezionare l’informazione rilevante a spese di quella non rilevante permette di migliorare il processamento della prima. L’aspetto intensivo dell’attenzione richiede di prendere in considerazione le cosiddette risorse attentive: dalla quantità di quest’ultime dipenderebbe l’efficienza del processamento cognitivo, devono quindi essere convogliate al processamento dell’informazione rilevante e sottratte al processamento dell’informazione non rilevante. La possibilità di eseguire in modo efficiente due compiti simultanei dipende dalle circostanze. Se i due compiti che devono essere eseguiti contemporaneamente condividono per l’esecuzione uno stesso meccanismo è sempre impossibile mantenere l’efficienza a un livello paragonabile a quello che si raggiunge quando i due compiti sono eseguiti in sequenza. Possono essere eseguiti contemporaneamente se non richedono alcun meccanismo comune, centrale o periferico. Poiché la quantità globale di risorse attentive sarebbe limitata, tanto maggiore è la quota di esse impegnata per l’esecuzione di un compito, tanto minore è la quota residua disponibile per l’esecuzione contemporanea di un secondo compito. Il compito che riceve la quota di risorse sufficiente per un’esecuzione ottimale viene detto «compito primario», il compito che riceve solo la quota residua di risorse e che, perciò, non sarà eseguito in modo ottimale, o non sarà eseguito affatto, viene detto «compito secondario». La prestazione di un soggetto umano in un gran numero di compiti si modifica profondamente con l’esercizio, con il protrarsi dell’esercizio la prestazione diventa più facile, intere sequenze di azioni si svolgono in modo fluido e rapido, senza la necessità di farle precedere da decisioni coscienti e senza impegno attentivo. 

 

Esistono due modi di processamento dell’informazione, qualitativamente diversi: il processamnto automatico e il processamento controllato. Il processamento automatico è rapido, non impegna la memoria a breve termine (e/o della memoria di lavoro) e non richiede l’impiego di risorse attentive. Più processi automatici possono svolgersi simultaneamente, senza causare fenomeni di interferenza. L’impressione che producono soggettivamente è quella di svolgersi al di fuori del controllo diretto del soggetto, sono automatici, appunto, e, infatti, non sono iniziati volontariamente e neppure possono essere interrotti volontariamente; una volta iniziati, si svolgono inevitabilmente fino al completamento. Il processamento controllato è lento, è soggetto ai limiti di capacità della memoria a breve termine (e/o della memoria di lavoro) e richiede l’impegno di risorse attentive. A causa dei limiti di capacità della memoria a breve termine e dell’interferenza da risorse, non è possibile svolgere contemporaneamente due o più processi controllati. Soggettivamente, essi producono l’impressione di essere continuamente sotto il controllo diretto del soggetto, sono processi controllati, appunto, e di potere essere iniziati e interrotti volontariamente.

Il ruolo cruciale svolto dal processo controllato è, però, di assicurare il massimo di flessibilità alle nostre azioni. In assenza di processi controllati, il nostro agire sarebbe limitato ad attività stereotipate, non adattabili alle mutabili richieste dell’ambiente nel quale ci stiamo evolvendo. Prima che un soddisfacente grado di apprendimento sia stato raggiunto, qualsiasi processo che, poi, si svolgerà in modo automatico, deve essere praticato in modo controllato. 

A cura di Federica Arena